Gennaio 1985: Melina Merkouri, allora Ministro della Cultura nel governo greco, propone in ambito europeo l’idea di nominare alcune città (a rotazione tra tutti i paesi dell’UE) che possano mettere in mostra la loro storia e il loro sviluppo culturale. L’idea di base era quella di creare una connessione tra i vari cittadini europei, e non a caso proprio nel 1985 la prima città europea della cultura fu proprio Atene. Nel 1999 l’iniziativa venne ribattezzata “capitale europea della cultura” e dall’anno successivo cominciò a essere finanziata con il programma cultura 2000.
La capitale della cultura in Italia
Quando, nel 2014, Matera venne proclamata capitale europea della cultura 2019, il governo Renzi decise di importare l’ormai trentennale tradizione europea con l’istituzione della “capitale italiana della cultura”. Rispetto agli obiettivi originali, più concentrati sui legami europei, il corrispettivo italiano si è sviluppato intorno al concetto di valorizzazione del territorio in senso più locale, strizzando l’occhio sia al settore turistico sia a quello infrastrutturale.
I criteri di accettazione
La valutazione delle candidature è a cura di una giuria composta da sette esperti indipendenti, che raccomanda al Ministero della Cultura il nome del comune, della città metropolitana o dell’unione di comuni ritenuto più idoneo tra i vari finalisti. Il titolo è successivamente assegnato dal Consiglio dei Ministri con propria delibera su base annuale, con un contributo di un milione di euro per il vincitore.
I criteri da rispettare sono dieci, e comprendono, tra le altre cose, la “coerenza degli obiettivi del progetto con quelli stabiliti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU” e la “realizzazione di opere e infrastrutture di pubblica utilità destinate a permanere sul territorio a servizio della collettività”. L’impegno è dunque molto concreto e talvolta gravoso, tanto da portare alcune città a candidarsi congiuntamente al concorso, come avvenuto nel 2020 con Bergamo e Brescia (nominate nel 2023), particolarmente colpite dalla pandemia.
I vantaggi della nomina
Le ricadute positive dei due programmi, europeo e italiano, sono comunque molteplici. Al primo posto c’è sicuramente la crescita dell’indotto proveniente dal maggior numero di turisti, cosa di cui beneficiano i cittadini, la cui qualità della vita viene incrementata sotto vari punti di vista. In secondo luogo, c’è anche spazio per la crescita di nuove figure professionali, che prendono parte alle numerose attività di realizzazione del programma culturale. Spesso, alla fine dell’anno, le ricadute non sono solo economiche: l’evento tende a modificare, anche in senso strutturale, l’offerta e l’immagine della città ospitante, come avvenuto a Matera nel 2019.
Se ti interessa approfondire maggiormente il discorso, puoi leggere l’articolo che avevamo dedicato a Pesaro (capitale italiana della cultura 2024); altrimenti, preparati a scoprire Agrigento (designata per il 2025) e L’Aquila (designata per il 2026). Buon viaggio!